STORIA DELLA KICK BOXING

Esistono due vie principali attraverso le quali si è evoluta la Kick boxing che attualmente conosciamo. La prima, nata in Oriente, si è sviluppata in Giappone sin dagli anni Sessanta quando il Maestro Kurosaki (esperto in Kiokushinkai Karate che già ammetteva il contato "reale" nel combattimento) importò nel suo paese la Thai Boxing, integrandola con tecniche marziali nipponiche. E uno sport duro che prevede un combattimento con il pieno contatto finalizzato al KO.

La seconda via, quella occidentale, nasce anch'essa a cavallo degli anni 60 ma in un contesto differente; in quel periodo negli U.S.A si realizza un'ampia diffusione delle arti marziali e si possono contare molte scuole di origine differente (giapponesi, cinesi e coreane). La competizione tra queste scuole spinge molti praticanti a studiare una forma di competizione di elevata efficacia. Nasce il Karate Full Contact in cui gli atleti indossano guanti da pugilato, speciali protezioni ai piedi e si affrontano con il contatto reale. Per i sostenitori delle arti marziali pure, questa nuova disciplina è una violazione della tradizione che, fino a quel momento, prevedeva competizioni con il controllo del colpo. Nonostante le continue polemiche il Full Contact inizia a diffondersi dividendosi in due filoni: il primo destinato ai praticanti, prevede un contatto relativo (semi contact), il secondo a livello professionista, dove si combatte per il KO; è stata questa ultima forma a rendere il Full Contact famoso nel mondo. Sulle riviste dell'epoca campeggiano immagini spettacolari di kick boxer come Bill Wallace, soprannominato "la gamba sinistra più veloce del mondo", Jeff Smith e di Benny Urquidez "The Jet", un giovane talento di Los Angeles che diventerà una leggenda negli anni a seguire. Per l'Europa è uno shock, perché da noi predominano discipline giapponesi che impongono un controllo esasperato dei colpi. La storia continua con Dominique Valera che, ai mondiali di Karate a Long Beach malmena un giudice e viene così espulso dalla federazione; Valera si cimenta nel Full Contact a livello professionista facendosi paladino delle competizioni con il KO.

Tornato in Europa, Valera lancia il Karate FuIl Contact, ma qui il professionismo era ancora troppo acerbo per potersi sviluppare e si inizia a creare, così, una base dilettantistica in grado di far concorrenza al Karate. Il presidente della federazione internazionale di Karate, Delcourt, vieta l'uso del termine Karate Full Contact e, per questo motivo, da quel momento prese il nome di Kick boxing pur differenziandosi dalla versione giapponese per l'uso delle protezioni ai piedi e il divieto di calciare alle gambe. Attualmente la versione occidentale della Kick boxing ha una maggior diffusione poiché accessibile a tutti con limitati rischi, mentre quella giapponese (sviluppatasi in Europa e soprattutto in Olanda) è uno sport professionista riservato ad atleti di elevato livello.

L'Olanda è da sempre stata la potenza numero uno della Kick boxing a livello europeo e forse mondiale. Tutto è cominciato a partire dalla metà degli anni 70, quando gli stilisti del Karate Kyokushinkai, Tom Harinck, Jan Plas e Johan Vos decisero di passare alla Kick. I tre hanno formato dozzine di campioni mondiali e le loro palestre sono attualmente considerate come i Templi della Kick boxing. Amsterdam è la città che li ospita, e per questo tra i club è nata subito una forte rivalità che è durata quasi dieci anni. Questa concorrenza è risultata positiva, poiché in un tempo record gli atleti olandesi sono arrivati al top del ranking mondiale; a tutto ciò va aggiunta l'entrata in scena negli anni 80 di Rob Kaman, divenuto il modello da imitare completando il puzzle che spiega come gli olandesi siano riusciti a dominare il panorama della Kick negli ultimi 25 anni.

La Kick boxìng orientale e professionista non ha gradi, o si è combattenti o non lo si è. Non si pratica per semplice diletto e l'allenamento è finalizzato alla competizione con il KO. Il bagaglio tecnico si apprende in circa sei mesi, poi sta alle motivazioni e alla costanza nell'allenamento raggiungere livelli elevati.